E’ stato confermato l’incontro tra la delegazione ucraina e quella russa, vicino al confine tra Bielorussia e Ucraina. La delegazione russa sarebbe già in viaggio a Gomel.
La cosa che lascia molto perplessi, per non dire preoccupati, è che l’incontro non solo avverrà in territorio avverso e ostile a Zelensky (una vera e propria bocca del lupo che lo stesso Zelensky aveva escluso totalmente dalle opzioni appena due giorni fa), ma con la grottesca garanzia diplomatica di Lukascenko circa l’incolumità della delegazione ucraina. E’ a dir poco surreale, che ci si fidi di uno dei peggiori satrapi della storia delle ex repubbliche socialiste sovietiche, a capo di un governo fantoccio gestito direttamente da Mosca e che ha dimostrato di essere senza scrupoli ed estremamente edotto e subdolo nelle scienze tattiche e strategiche di eliminazione dei suoi oppositori, e in forme a dir poco raccapriccianti. Poi, cosa se possibile ancora più inquietante, è che l’annuncio dell”incontro negoziale avviene quasi contestualmente alla dichiarazione, da parte di Putin, della messa in stato di allerta dei dispositivi antinucleari.
E’ dunque assurdo, temere che questo incontro possa essere stato pianificato, guarda caso in territorio bielorusso, per sequestrare Zelensky e l’intera delegazione ucraina, decapitando d’un sol colpo i vertici dello stato e una già così fragile resistenza, senza per altro lo spargimento di sangue che implicherebbe il doverli intercettare direttamente a casa loro? Possibile che si fidi della garanzia di uno dei più grandi bugiardi della storia, anzi due, con Putin?
E’ come se Hitler avesse invitato Churchill a Praga, nel bel mezzo del governatorato del terzo Reich di Slovacchia, per definire possibili negoziati con la benedizione di Heydrich a esclamare, “Garantisco io!”
Ci si augura che Zelensky sia stato diligentemente consigliato e, soprattutto, che sia stato previsto un copioso piano B, o sarebbe uno scacco matto in quella che era stata venduta come un partita a dama. Se domani sarà stato un nulla di fatto (cosa di cui è convinto lo stesso Zelensky) e assicurata l’incolumità totale di Zelensky e della sua delegazione, allora questo articolo si autodistruggerà subito dopo.
Il fatto che nessun analista , tra le decine che si accatastano ogni giorno nei palinsesti televisivi, abbia posto il benché minimo dubbio su questo rischio, avvalorerebbe tutta l’infondatezza e inconsistenza di tali preoccupazioni oppure, cosa più grave, una distrazione nel fuoco incrociato di smentite e controsmentite quotidiane.
Ciononostante si è autorizzati a provare un certo timore per una iniziativa che, se non fosse accettata da una persona tutt’altro che stupida, apparirebbe quanto meno imprudente. Speriamo bene.
Guardando l’evoluzione così imprevista e pericolosa dei fatti, si cominciano a delineare i veri scopi di Putin che, fino a questo momento, sembravano essere avvolti dalla più totale incognita (e questo spiega anche lo shock del mondo intero). Con l’attanagliamento ormai a tappeto, come fatto notare da uno di voi nel titolo di in un altro articolo, di alcune città chiave a est e, di Kiev nel centro del paese alla stregua di una nuova Berlino, si ha l’impressione che Putin voglia spaccare in due il paese, approfittando della naturale configurazione orografica dell’Ucraina, con il fiume Dnepr al centro.
Gli antichi, hanno sempre guardato ai grandi fiumi come confini naturali e strategici tra due entità antagoniste. Pensiamo al Reno per le guerre germaniche descritte da Marco Aurelio o più a est del fiume Elba. Strategici perché un fiume può essere facilmente controllato da una linea di vedette senza dover ricorrere a costose infrastrutture, e il nemico per passare dall’altra parte, deve oltrepassarlo esponendosi. Secondo voi è plausibile?
Secondo voi, potrebbe far parte del piano iniziale o è una svolta strategica imposta dalla tattica di fronte alle difficoltà che i russi stanno incontrando sul terreno ora, e che saranno endemiche nel futuro, data la vastità del territorio e la determinazione del popolo ucraino?
Osservando poi alcune cartine, appare chiaro come strategicamente, l’est sia l’area ricca e produttiva del paese (l’ovest invece è più povero e agricolo) ed è anche quella con la maggioranza russofona più cospicua.
Forse il dittatore, pensa di lasciare l’ovest agli ucraini, mantenendoli però sotto la minaccia di un perenne assoggettamento, in caso di derive (dal suo maledetto punto di vista) antirusse.
C’è però da dire che l’Ucraina è il granaio dell’ex URSS, fin dai tempi della grande carestia degli anni ’30, nella quale, non dimentichiamolo, si collettivizzarono le terre ucraine per asservirle alla macchina sovietica dei kolchoz e per appagare il desiderio di vendetta di Stalin nei confronti del popolo ucraino ribelle, provocando milioni di morti di fame. Per i russi, mantenere anche quest’area sotto il suo controllo, significherebbe poter giocare a livello di prezzi, con un altro asset strategico, oltre agli idrocarburi.
Non so cosa ne pensiate, ma ho avuto questa sensazione osservando una delle numerose mappe di analisi strategica compulsivamente spiattellate sulle rete TV. Sono alla disperata ricerca di risposte, come tutti, e vedere la sofferenza di una nazione e la sua gente così perseguitata dalla storia, non mi fa dormire.
Verrebbe persino da sperarlo, se questa spaccatura in due del paese potesse significare salvare subito vite di civili e soldati, garantendo una patria agli esuli disperati che, nel caso contrario, non avrebbero nemmeno un posto dove sognare di tornare.
Sono però anche certo, che gli ucraini, fieri e combattivi come sono, maledirebbero questa ipotesi. Per loro, giustamente, l’Ucraina è una soltanto e il fiume Dnepr, deve rimanere al centro del loro stupendo paese.
Una cosa almeno, credo appaia chiara, l’obiettivo politico immediato di Putin: Far tornare dalla finestra, al comando del paese, colui che venne cacciato a pedate nel c. dalla porta, con le rivolte del 2014 a Kiev: il satrapo sanguinario Janukovyc, evento ben documentato nello sconvolgente film documentario ” Winter on fire” disponibile su Netflix. Putin farebbe quello che gli è riuscito finora di fare, ad esempio in Bielorussia con lukascenko e in Tchetchenia con Ramzan Kadirov, instaurando i regimi fantoccio più sanguinari degli ultimi anni. L’ infamia Tchetchena fu ben documentata dalla russa Anna Politkovskaja, uccisa anche per questo nel 2006. È grazie a persone come Anna della Novaja Gazeta, e le centinaia di attivisti e giornalisti russi (molti dei quali incarcerati o barbaramente uccisi secondo modalità mafiose), che il mondo fu avvertito già all’epoca del pericolo Putin.
Forse questa volta, però, Putin potrebbe aver fatto molto male i suoi calcoli, è quello che ci auguriamo.
Guardando l’evoluzione così imprevista e pericolosa dei fatti, si cominciano a delineare i veri scopi di Putin che, fino a questo momento, sembravano essere avvolti dalla più totale incognita (e questo spiega anche lo shock del mondo intero). Con l’attanagliamento ormai a tappeto, come fatto notare da uno di voi nel titolo di in un altro articolo, di alcune città chiave a est e, di Kiev nel centro del paese alla stregua di una nuova Berlino, si ha l’impressione che Putin voglia spaccare in due il paese, approfittando della naturale configurazione orografica dell’Ucraina, con il fiume Dnepr al centro.
Gli antichi, hanno sempre guardato ai grandi fiumi come confini naturali e strategici tra due entità antagoniste. Pensiamo al Reno per le guerre germaniche descritte da Marco Aurelio o più a est del fiume Elba. Strategici perché un fiume può essere facilmente controllato da una linea di vedette senza dover ricorrere a costose infrastrutture, e il nemico per passare dall’altra parte, deve oltrepassarlo esponendosi. Secondo voi è plausibile?
Secondo voi, potrebbe far parte del piano iniziale o è una svolta strategica imposta dalla tattica di fronte alle difficoltà che i russi stanno incontrando sul terreno ora, e che saranno endemiche nel futuro, data la vastità del territorio e la determinazione del popolo ucraino?
Osservando poi alcune cartine, appare chiaro come strategicamente, l’est sia l’area ricca e produttiva del paese (l’ovest invece è più povero e agricolo) ed è anche quella con la maggioranza russofona più cospicua.
Forse il dittatore, pensa di lasciare l’ovest agli ucraini, mantenendoli però sotto la minaccia di un perenne assoggettamento, in caso di derive (dal suo maledetto punto di vista) antirusse.
C’è però da dire che l’Ucraina è il granaio dell’ex URSS, fin dai tempi della grande carestia degli anni ’30, nella quale, non dimentichiamolo, si collettivizzarono le terre ucraine per asservirle alla macchina sovietica dei kolchoz e per appagare il desiderio di vendetta di Stalin nei confronti del popolo ucraino ribelle, provocando milioni di morti di fame. Per i russi, mantenere anche quest’area sotto il suo controllo, significherebbe poter giocare a livello di prezzi, con un altro asset strategico, oltre agli idrocarburi.
Non so cosa ne pensiate, ma ho avuto questa sensazione osservando una delle numerose mappe di analisi strategica compulsivamente spiattellate sulle rete TV. Sono alla disperata ricerca di risposte, come tutti, e vedere la sofferenza di una nazione e la sua gente così perseguitata dalla storia, non mi fa dormire.
Verrebbe persino da sperarlo, se questa spaccatura in due del paese potesse significare salvare subito vite di civili e soldati, garantendo una patria agli esuli disperati che, nel caso contrario, non avrebbero nemmeno un posto dove sognare di tornare.
Sono però anche certo, che gli ucraini, fieri e combattivi come sono, maledirebbero questa ipotesi. Per loro, giustamente, l’Ucraina è una soltanto e il fiume Dnepr, deve rimanere al centro del loro stupendo paese.
Una cosa almeno, credo appaia chiara, l’obiettivo politico immediato di Putin: Far tornare dalla finestra, al comando del paese, colui che venne cacciato a pedate nel c. dalla porta, con le rivolte del 2014 a Kiev: il satrapo sanguinario Janukovyc, evento ben documentato nello sconvolgente film documentario ” Winter on fire” disponibile su Netflix. Putin farebbe quello che gli è riuscito finora di fare, ad esempio in Bielorussia con lukascenko e in Tchetchenia con Ramzan Kadirov, instaurando i regimi fantoccio più sanguinari degli ultimi anni. L’ infamia Tchetchena fu ben documentata dalla russa Anna Politkovskaja, uccisa anche per questo nel 2006. È grazie a persone come Anna della Novaja Gazeta, e le centinaia di attivisti e giornalisti russi (molti dei quali incarcerati o barbaramente uccisi secondo modalità mafiose), che il mondo fu avvertito già all’epoca del pericolo Putin.
Forse questa volta, però, Putin potrebbe aver fatto molto male i suoi calcoli, è quello che ci auguriamo.