Il video documentario di Arte, ROHINGYA, MECCANICA DEL CRIMINE
Una dei tanti esodi, o diaspore, di popoli in miseria costretti a fuggire alla morte. I Rohingya fuggono da una mattanza scatenata dai violenti rigurgiti nazionalisti, esplosi in Birmania, dopo la fine della dittatura militare. Un nazionalismo misto a fondamentalismo religioso buddista – paradossale che possa esistere nella religione della compassione universale – contro la minoranza Rohingya, di confessione mussulmana rea, secondo un meccanismo propagandistico ben rodato, di non essere nemmeno storicamente come originaria della Birmania. Sono considerati bengalesi in territorio birmano. Per questo, una volta pronta la macchina genocida – preparata dietro le quinte sui media e con l’appoggio di importanti esponenti oltranzisti della classe religiosa- nessuno si accorge che i massacri sono già iniziati.
Massacri visti dalla frontiera come colonne di fumo di villaggi in fiamme. Ecco, così ha inizio questa storia, l’ennesima, di massacri e povertà. Un popolo che emigra in Bangladesh e che si accalca su costoni fangosi e malsani. In poco tempo, sorgono tendoni di plastica e lamiere che paiono sfidare le leggi di gravità. Tutto sotto una pioggia diluviava che si alterna ad un sole implacabile obeso di vapore acqueo. Fame e malattie imperversano nell’indifferenza generale – tranne che tra i volontari delle ONG – compresa quella del Premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi. Giudicata tiepida, quando non ostile, nei confronti della minoranza Rohingya, sarà la storia a giudicare il suo comportamento e, se è colposo, capire perché sia avvenuto.
Non bisogna precipitarsi nel giudizio omettendo – per una sorta di morale di circostanza – il passato che ha subito questa donna. Essa è e rimane un esempio di coraggio e sopportazione di fronte all’incarcerazione e alla violenza politica. Ma per amore della verità noi dobbiamo, come cittadini, approfondire e informarci e non dimenticare i Rohingya.
Ciò non bastasse, all’emergenza umanitaria provocata dalla diaspora di un intero popolo, si aggiunge l’emergenza sanitaria di Covid-19.