MARZO 2020 – QUANDO IL CORONAVIRUS E’ ENTRATO NEI SOGNI

Il coronavirus entra nei sogni

Che il coronavirus sia ormai entrato nelle nostre coscienze è evidente, in tutti gli aspetti della nostra esistenza. Ma altrettanto evidente è che – almeno per alcuni di noi – sia prepotentemente entrato nei nostri sogni, in quella particolare fase in cui attiviamo il nostro “Hard Disc” notturno chiamato REM. c’è una certa analogia tra la memoria REM dell’informatica – acronimo che sta per Random Access Memory– e il REM notturno – Rapid Eye Movement – se non altro per la “casualità” concettuale di fondo che sta alla base di entrambi i principi.

Ma vengo al dunque.

Da almeno un mese a questa parte, mi trovo a sognare tutte le notti, dico tutte le notti, il coronavirus. Solo questo sarebbe già di per sé sufficientemente inquietante, perché diciamolo, il bello dei sogni è che raramente si ripetono con la stessa modalità simbologica ed espressiva. Spesso poi non li ricordiamo in maniera precisa. A volte sono brutalmente realistici, corredati da fatti concreti della vita quotidiana. Altre volte, l’esperienza onirica diviene fantastica, con profusione di simboli astratti, metafore e allegorie.

Quello che accade invece con i sogni che faccio sul coronavirus, sembra infrangere tutte le certezze che mi ero costruito sull’idea stessa di sogno. Sogno come qualcosa privo di un filo conduttore, una logica, una frequenza ecc… Negli ultimi sogni invece quegli elementi sono tutti presenti. Il coronavirus diventa lo sfondo permanente, spettrale e assodato, di tutte le vicende e gli episodi onirici che mi trovo a vivere.

Non solo ricordo tutte le mattine i sogni fatti sul coronavirus, ma sono tutti maledettamente concreti. Nel sogno percepisco il virus, sia come riflesso condizionante della vita che interpreto – che naturalmente nei sogni crediamo essere vera – che come presenza simbolica incombente. In questo caso lo avverto come un pianeta grosso, gassoso e inquietante, sospeso appena sopra il mio encefalo. Lo intravvedo – o forse meglio dire lo intuisco – con la coda dell’occhio mentre si muove in parallasse rispetto a me. Sento che mi perseguita in qualche modo. Le ambientazioni e le persone cambiano sempre, ma i riflessi di covid-19 sulle esperienze vissute nei sogni sono evidenti e comunque impliciti.

In un sogno, ad esempio, cammino verso la fermata del tram. Cartacce volteggiano in piccoli mulinelli. Due o tre persone sono in piedi, senza espressione, alla fermata. Ricordo di aver pensato quanto tutto fosse desolato e che, dato che intorno a noi era tutto chiuso, non avremmo dovuto esser lì. Molti altri sogni sono stati del tipo tristemente didascalico. In alcuni comparivano amicizie inesistenti, come accade spesso nei sogni. Ma comunque e ovunque, seppur per motivi diversi, la preoccupazione finiva per essere sempre il coronavirus. La cosa strana -almeno se si parla di sogni – è che il virus venisse pronunciato come segno tangibile della scienza.

Immagine di sogni da Pixabay – fantasy-2861107

Nell’ultimo sogno, quello di questa notte, mi sono trovato a viaggiare in paesaggi mozzafiato tra le montagne della Svezia. Eravamo in macchina e, quando mi giravo verso i sedili posteriori, non apparivano le stesse o la stessa persona veduta un attimo prima. E fin qui nulla di strano. L’ avvicendamento perpetuo di persone della vita reale con persone fittizie, è abbastanza frequente, mi pare, nei sogni. Ad un certo punto del sogno però, ecco riapparire il problema coronavirus. Mentre con mia moglie stiamo attraversando un paesino svedese tra le casette antiche di legno, dico a mia moglie, -Guarda che bello, questo deve essere un posto stupendo dove vivere, qui le persone anziane sono al sicuro, non puoi succedergli niente -. Non ricordo in quel caso di aver pronunciato la fatidica parola “Coronavirus”, ma era implicita nel ragionamento, nei timori e nelle aspettative che sentivamo.

Il sogno si chiude con montagne vellutate su un grande lago dai bagliori d’argento. Provo una profondo senso di malinconia, con accenti di inquietudine. Le mie ultime parole sono state – io non torno più! –

Potrei citare molti altri sogni. Ma se lo facessi, finirei per scadere nell’esercizio letterario fine a se stesso. Lo sappiamo bene, mano a mano che passano i giorni i sogni sopravvivono nella memoria solo come brevi frammenti non più componibili.

Di certo quello che ricordo, e di cui sono sicuro, è che tutti avevano in un modo e nell’altro, quel comune denominatore chiamato oggi coronavirus o Covid-19. Non un virus di fantasia, quindi, come nei miei sogni della vita precedente al decreto di contenimento. Non solo una qualche espressione metaforica di una paura ancestrale o il condizionamento tardo serale di qualche film su zombie e virus letali triti fino alla lacerazione delle vesti. No! proprio Covid-19, in tutta la sua pronuncia, la sua assordante verità, la sua ingombrante presenza e persino la sua perniciosa didattica e profilassi quotidiana.

Covid-19 è così entrato nelle nostre vite reali come entità biologica microscopica, nei nostri sogni- o almeno nei miei – come fantasma e nell’inconscio come mietitore . E’ la dimostrazione inconfutabile dell’impatto emotivo – oltre che fisico e socio-economico – che questo strano esserino ai margini della vita ed esistente forse da quando è apparsa la prima cellula, ha avuto e sta avendo sul mondo intero, in questa assurda primavera dell’anno 2020.

Buona notte e sogni d’oro, speriamo!

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